Published on Febbraio 11th, 2023 | by Redazione
1IL RACCONTO. Le storie del vecchio Sarrabus: Efisio e Anna, l’amore senza fine di due anziani coniugi
Questa notte nemmeno i diavoli sono in giro, disse Efisio, chiudendo fuori il vento e la pioggia, e depositando i tre grossi ciocchi di legno vicino al caminetto. Anna stava pelando qualche patata e, sopra il fuoco scoppiettante del camino, bolliva un pentolone con le lenticchie. Efisio e Anna ormai novantenni, si amavano ancora come il primo giorno. Abitavano in quella casa di pietra da quando si erano sposati e lì era nato il loro unico figlio, che ora abitava lontano. In tutti quegli anni, avevano custodito un gregge per un ricco personaggio del paese, ma ora erano troppo vecchi anche per distinguere i cani-pastore dalle pecore, figuriamoci per tosarle, mungerle e fare il formaggio. Anche il loro udito si era affievolito e non riuscivano a sentire quel bussare alla porta che si confondeva con il lamento del vento. Fino a che i colpi alla porta si fecero più ravvicinati e più forti. «Efisio, sento dei colpi alla porta, ma chi può essere a quest’ora e con questo tempo?» Il vecchio annuì e strascicando i piedi, andò all’uscio e dall’interno chiese chi fosse. Nella tempesta che adesso ululava si sentì un “Aprite per l’amor del Cielo!” Efisio non ebbe esitazioni e aprì la pesante porta di quercia, trovandosi davanti un frate con il viso coperto dal cappuccio, una folta barba nera, un saio liso e i sandali ai piedi nudi. Era un frate dell’ordine dei Mercedari che abitavano un convento a pochi chilometri. «Sono passato in paese, ma nessuno ha voluto aprirmi la porta. Sono stanco e il tempo stasera fa spavento. Potete darmi ospitalità per questa notte? » «Ma certo padre, entrate!» risposero all’unisono i due vecchietti. Efisio lo fece sedere accanto al fuoco per farlo asciugare, mentre Anna, cominciò a preparare l’umile desco. Dalla credenza, tirò fuori tovaglia e tovaglioli di ruvida tela, ma che sapevano di bucato appena fatto; mise dei soffici cuscini sulle sedie e divise lenticchie e patate sui tre piatti. Efisio tirò fuori un fiasco di quello buono e un’altra bottiglia di vino un po’ più dolce che lui usava consumare solo a Natale e a Pasqua. Il frate li guardava con tenerezza paterna e filiale allo stesso tempo e loro parlarono… parlarono, sempre guardandosi negli occhi e ogni tanto ridendo come bambini. Raccontarono di quando erano giovani, di quando si conobbero, della gioia che aveva dato loro la nascita del figlio. Il frate li fece parlare di com’era la vita ottant’anni prima e li ringraziò ancora per la loro grande generosità pur nella povertà di cui tutto lì dentro parlava. Poi alla fine della serata chiese loro: «Se doveste esprimere un desiderio, cosa vorreste? » Anna guardò dolcemente il marito, gli prese la mano, mentre i loro occhi si inumidivano. «Noi siamo soddisfatti della nostra povera vita: qui non abbiamo nulla da chiedere. Solo che, quando sarà il momento, vorremmo lasciare questo mondo insieme… insieme, solo questo vogliamo!» Il frate li guardò intensamente, commosso. «Recitiamo insieme una preghiera, allora» disse, congiungendo le mani. Andarono a coricarsi, il frate in un giaciglio di fortuna, messo vicino al fuoco, Efisio e Anna nel loro vecchio, rustico letto dove Anna aveva messo federe e lenzuola pulite. Albeggiava quando il frate si svegliò. Si avvicinò al letto per salutare i due vecchi e recitare con loro le preghiere del mattino. Anna ed Efisio sembravano addormentati e giacevano abbracciati con un sorriso beato come di chi ormai è in un mondo dove tutto è pace e non esistono più sofferenze e malattie. Anche il frate sorrise e si inginocchiò davanti a loro. Maria Cinus (ilsarrabus.news)
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