Published on Gennaio 4th, 2023 | by Redazione
0IL SARRABUS RACCONTA. Il misterioso (e provvidenziale) regalo di nozze
Chissà quando ci sposeremo, Peppino? C’è la dote… poi la casa… il pranzo; quando metteremo da parte i soldi per un pranzo dignitoso per tutti i nostri parenti? E dove andremo ad abitare? Così piagnucolava Assunta reclinata sul corredo. Oltre a cucire fino a notte fonda, la ragazza accudiva una zia vedova che abitava sopra di loro. Le faceva anche da figlia, dopo che un crudele destino aveva reciso il fiore appena sedicenne della cugina, figlia della zia e sua coetanea. Le pene accorciano la vita ed un giorno anche la zia lasciò questa oscura valle, dolcemente, come se si preparasse ad un Incontro. La povera donna non aveva altri parenti diretti e lasciò la sua abitazione ad Assunta; nella nuova situazione, con Peppino e i genitori di entrambi, decisero di fare il grande passo e stabilirono la data delle nozze. Il pranzo doveva essere abbondante, ma come si usava, decisero che si sarebbe fatto in casa.
Quando arrivò il gran giorno, le donne di famiglia, aiutate da alcune vicine, si misero subito all’opera: la cucina ben presto traboccava di ravioli, malloreddus, piricchittus, guefus, amaretti e ogni altro ben di Dio.
Gli uomini macellarono capretti agnelli e maialetti e il giorno delle nozze di prima mattina prepararono il fuoco per il grande arrosto. Non si doveva badare ad economie almeno per quel giorno. Dopo la cerimonia, la tavola fu apparecchiata e cominciò la processione di quelle saporite pietanze, appetibili alla vista e al palato, ma anche richiamo per i primi fiaschi di quel vigoroso vino nero, che onorava pienamente il suo compito: infondere allegria alla festa. Il tintinnìo dei bicchieri era una musica che abbassava i freni inibitori e accompagnava le risate argentine delle donne maritate nascoste dietro il lembo di un tovagliolo, in risposta alle battute ammiccanti e sempre più audaci dei maschi.
“Toc, toc”. Miracolosamente, in mezzo a quell’infernale trambusto, una parente non di paese sentì bussare ed andò alla porta; tornò dopo pochi minuti. «Chi era?»
«Non lo so, una ragazza bellissima. Le ho chiesto cosa volesse… mi ha risposto solo con un bellissimo sorriso». Il fragore della festa fu più forte di quel mistero e della curiosità di sapere chi fosse quella presenza, che d’altra parte era stata vista solo da chi aveva aperto la porta. Si andò avanti fino all’alba del mattino dopo quando il canto del gallo segnò la quindicesima ora del festoso banchetto.
Poi, gli invitati, quasi tutti con passo malfermo, presero la strada di casa; la luna era ancora visibile e sembrava controllare la sicurezza di quel popolo giocondo. Gli ultimi a lasciare la casa commossi furono i genitori di Assunta, che, rimasta sola con Peppino, si tolse l’abito da sposa e lo depose sulla sedia. Al mattino trovò sopra al vestito un garofano bianco. Appurato che non fosse opera di Peppino, cercò una risposta, ma poi decise di non farne parola con nessuno.
Gli anni passarono, ma a causa delle siccità e del terreno brullo dei loro campi, i raccolti erano magri e la loro situazione economica peggiorava giorno dopo giorno, mentre incominciavano a fare debiti, nella speranza di un domani migliore.
Quella notte, pianse calde lacrime di nascosto dal marito. All’alba si svegliò e trovò un garofano bianco come quello dell’abito da sposa sul pavimento del loggiato: lo raccolse e notò che era deposto sopra un mattone che si muoveva. Lo spostò e una forza misteriosa le ordinò: «Scava!»
Allora si mise a spostare freneticamente la terra con le mani, fino a che incontrò qualcosa di metallico. Liberò l’oggetto dalla terra intorno e portò alla luce una cassettina impolverata. Sollevò il coperchio e restò senza fiato: era colma di gioielli e monete d’oro. Un vero miracolo, non credeva ai suoi occhi. Chiamò Peppino e si abbracciarono, avvolgendosi in quella fortuna. Con quel piccolo tesoro, riuscirono poi a pagare i debiti e ad assicurarsi un futuro tranquillo.
Il giorno dopo, raccontò alla mamma quello che le era successo: la donna sorrise e raccontò che si era favoleggiato tanti anni prima di un tesoro nascosto da un nobile, in fuga con la sua famiglia. Ebbene, in tutti quegli anni, c’erano sempre passati tutti sopra senza sospettare nulla, mentre il tesoro giaceva lì, sul loggiato dove Assunta e la cuginetta avevano sempre giocato. E da chissà dove, la ragazza scomparsa le aveva voluto fare il suo regalo di nozze. MARIA CINUS (ilsarrabus.news)