STORIA. 1910, nel Sarrabus arrivano le macchine per la disinfezione
Nel Settembre del 1910 il Prefetto della Provincia di Cagliari Onorato Germonio invia una circolare a tutti i Comuni della Provincia per l’applicazione di diverse misure di profilassi delle innumerevoli malattie contagiose che annualmente affliggevano la popolazione del Regno d’Italia. La popolazione per lo più composta da uomini, donne e bambini poveri e malnutriti erano i più colpiti da questi malanni che spesso portavano alla morte certa.
La grande quantità di documentazione storica datata 1890-1915 ci fa capire in quali condizioni igieniche sanitarie precarie viveva la popolazione dell’epoca: vi era una ferrea vigilanza sulle esportazioni ed importazioni di capi di bestiame, si vigilava sugli alimenti e si dava molta importanza alla repressione delle frodi alimentari soprattutto del vino, olio e formaggio. Hanno grande importanza le normative sanitarie del periodo che imponevano la vaccinazione della popolazione per la repressione di malattie come tracoma, congiuntivite, vaiolo, colera, tifo e paratifo, malaria. A queste seguivano una serie di norme igieniche che ogni cittadino doveva seguire scrupolosamente. Per questo il Ministero dell’Interno raccomandava l’utilizzo di stufe di disinfezione pratiche, rapide ed economiche nella sua costruzione.
Il Ministero non poteva sostituirsi in alcun modo agli Enti Locali nell’attuazione di misure di profilassi, poteva solo integrarne l’azione quando appariva manchevole e doveva assicurare la difesa sanitaria alle frontiere di terra e di mare. Si trattava di apparecchi per disinfezione a vapore fluente improvvisato con una botte ordinaria ed una caldaia per far si che anche i Comuni più poveri della Provincia potessero contare su un mezzo efficace di controllo delle infezioni. Si richiedeva l’uso di una botte che doveva essere fatta di legno di castagno e rivestita all’interno da lamiera di zinco. Potevano andar ugualmente bene delle botti fatte di legno di quercia, faggio o comunque di legno forte anche se non rivestite con la lamiera. Si raccomandava che il coperchio dovesse aderire il più possibile al margine superiore della botte, da ottenersi anche interponendo un panno assicurandolo con viti o altro mezzo.
Nel Febbraio del 1911 l’Ingegnere Stefano Fischer di Milano, rappresentante generale per l’Italia delle macchine disinfettatrici ed imbiancatrici pneumatiche tedesche di Stephan Adolf, invia a tutti i Comuni del Regno del materiale informativo sull’utilizzo ed i benefici che le macchine da loro prodotte potevano dare all’uomo nello spargimento di soluzioni chimiche o imbiancatura adatto per cospargere le pareti da trattare per la disinfezione e la pulizia. Il modello di macchina più pubblicizzato era il Modello FIX e AMEISE, composto interamente da ottone con tre metri di tubo flessibile ed ugelli, disponibile anche in versione pneumatica.
Il prezzo poteva variare da Lire 150 a Lire 380 a seconda della capienza del secchio che poteva contenere la soluzione (da 40 a 360 litri), a seconda della tipologia della soluzione da utilizzare, per questo poteva essere costruita in materiale diverso come legno, ghisa, ferro. L’innovazione di questi macchinari dimostravano che il pennello non era più conveniente e che richiedeva meno ore di manodopera per l’esecuzione del lavoro desiderato, ma venivano pubblicizzati numerosi altri vantaggi come la garanzia di risparmiare colore del 50%, l’imbiancatura risultava più uniforme e pulita perché la polvere aderente alla parete non s’impastava con la tinta, come succedeva con il pennello, ma veniva soffiata via dalla pressione pneumatica.
“…Non più impalcature! Prima quando si doveva imbiancare una vaccheria di 80 capi, alta 4-5 metri, occorreva erigervi una impalcatura, disturbando e spostando il bestiame di qua e di là; ne derivava una perdita di latte del 10-20 % per parecchi giorni. Ora si imbiancano dal pavimento pareti e soffitti di 5-6 metri d’altezza, e superfici più alte sino a 12 metri o con l’aiuto di una scala o con l’aggiunta di tubi.”
Ma come funzionava? Il liquido da utilizzare veniva polverizzato in una nebbia finissima e formando un cono largo circa 50 cm venivano lanciati sulla superficie da bagnarsi con una pressione di circa 6 atmosfere penetrando profondamente in qualsiasi screpolatura, pesava 6 kg e si escludeva l’arrugginimento in quanto era composta per lo più da ottone.
Poteva vaporizzare latte di calce, carbolineo e catrame riscaldato, colori a colla e ad acqua, silicati, bordolese, soluzioni di disinfettanti come sublimato, creolina, Lysoform, Diaspicida Koch. Per gli acidi forti che potevano attaccare l’ottone venivano prodotti modelli particolari.
L’utilizzo del macchinario era garantito per spalmare stalle, case coloniche, cantine, magazzini di vino e muri in genere con il latte di calce, colori ad acqua o colla; per spalmare di carbolineo steccati, assi, tettoie e costruzioni di legno; spalmare catrame in grandi serbatoi in ferro. Inoltre poteva essere utilizzato per la disinfezione delle stalle, abitazioni con soluzione di sublimato e la cura del bestiame infetto da malattie di pelle e unghie oppure da insetti; disinfettava pollai infetti o invasi da pidocchi.
Veniva utilizzato per la cura del giardino: in alberi o frutteti in caso di malattia della Monilia o altro, cospargendo di poltiglia bordolese; si innaffiavano o rugiadavano le aiuole e le serre, distruggendo ogni sorta di insetti, pidocchi, bruchi che abitualmente si posavano su rosai, cespugli, alberi, legumi e verdure utilizzando la soluzione di quassia.
I bruchi più grandi morivano in 2-3 ore e non risultava nociva ne per l’uomo ne per le piante. Invece per liberare il bestiame da mosche, zanzare e moscerini veniva vaporizzata la creolina. Il macchinario inoltre veniva utilizzata per lavare finestre, muri, stalle, monumenti, ma veniva utilizzato anche per spegnere incendi nel nascere, per docce e bagni.
Nel materiale pubblicitario inviato si notano le referenze di diverse ditte che avevano già utilizzato il macchinario: “Appena la feci mettere in opera l’operaio intelligente imparò subito il maneggio. Il lavoro riesce veramente bene ed economico. Chi la vide operare volle subito prendere nota della macchina. Presto avrà certo commissioni anche da qui. Gradisca. Pietro Nespoli”.
“L’imbiancatrice disinfettatrice FIX da voi fornitaci corrisponde perfettamente alle sue funzioni e ci è grato manifestarvi la nostra piena soddisfazione. Non mancheremo di raccomandarla all’occasione, ed intanto passiamo a salutarvi. Gondrand-Mangili.”; “Ho usato la vostra FIX come imbiancatrice e come disinfettatrice. Ne sono rimasto soddisfattissimo e la ritengo necessarissima specialmente per le aziende agrarie. Mariano delle Case”.
Francesca Sanna
(ilsarrabus.news)
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