SARRABUS, Viaggio fra i lavoratori stagionali, fra precariato e sacrifici
La Sardegna potrebbe vivere solo di turismo. Da molti anni questa frase rimbomba nei principali quotidiani, dibattiti politici e televisivi regionali e nazionali? Ma da molti anni la Sardegna non solo non vive di turismo ma arranca anche in tutti gli altri settori. La stagione estiva comporterà un’impennata nei dati occupazionali che dureranno però solo una stagione. Sono tanti i lavoratori del Sarrabus e del Gerrei che si spostano quotidianamente verso le località turistiche più rinomate e provviste di villaggi.
Tanti lavoratori ma pochi disposti a raccontare la propria esperienza. Tanti i “meglio di no” ricevuti e poche le persone disposte a raccontare.
Tra questi c’è Luca, receptionist: “L’unica nota negativa è che essendo un lavoro stagionale è un po’ come essere precari, ma so che si va sull’ovvio”. Proseguendo si nota subito la passione verso il suo mestiere e verso il settore turistico: “E’ un bellissimo lavoro, forse un po’ svalutato a livello professionale ma purtroppo è il trend attuale del mondo del lavoro in generale. Per migliorare basterebbe investire di più sulle risorse umane: migliorare la condizione dei lavoratori, paghe giuste e assumere per periodi più lunghi in modo da fidelizzare i collaboratori. Sembrano ovvietà ma purtroppo oggi il trend è, come dicevo prima, di tagliare ad ogni costo la spesa per il personale fino ad arrivare al punto di non offrire più un servizio congruo”.
E’ un’analisi molto lucida quella di Luca e, specialmente nel suo pensiero conclusivo, fa capire perché in pochi abbiano accettato di raccontare: “Io sinceramente sono più fortunato di altri: faccio le mie ore e ho una paga congrua e puntuale”.
Daniel C. è un bagnino: “Da piccolo temevo il mare, poi è diventato amore!”. Racconta: “Mai farsi vedere giù di corda, stanco o sottotono. Devi essere una sicurezza, professionale e avere sempre la risposta pronta a qualsiasi domanda, stai gestendo la vita di tante persone”. E continua: “Il maestrale è il peggior nemico del bagnino! Trovi la persona che vede il mare piatto e si lancia in acqua col materassino ignaro che la corrente lo trasporta a largo. Bisogna prestare tanta prudenza. A volte neanche la bandiera rossa li ferma: il mare si sbizzarrisce con tante onde e viene visto come fonte di ulteriore divertimento. Cosa che in parte capisco ma io ho la maglietta rossa e non posso condividere le loro azioni”.
L’amore verso il lavoro traspare anche dalle parole di Daniel: “La spiaggia è come se fosse casa nostra, mia e del mio collega. Ogni persona che sta dentro la concessione è nostro ospite e va trattato al meglio. Certe volte si raggiunge una confidenza fuori dal comune, è molto importante il rapporto umano. È come se fossi un carabiniere dell’acqua. È soprattutto interagire coi turisti, stringerci amicizia. Voler bene ai loro figli”.
Ma non ci sono solo lavoratori che si spostano nei villaggi turistici. C’è anche la tendenza a fare un’esperienza nuova e a cambiare direttamente regione. Tra queste persone c’è Giorgia che si è spostata a Courmayeur: “Sento un po’ la nostalgia, anche perché amo il mare e qui siamo alle pendici del Monte Bianco. Ma è davvero un bel posto. Non è la mia prima esperienza fuori, già 15 anni fa ho lavorato in Trentino Alto Adige. Ho lavorato molti anni come cameriera ai piani, quest’anno sono cameriera di sala in un hotel a gestione familiare, funziona come un bed and breakfast, gli ospiti dormono qui e fanno la colazione. Devo dire che mi piace di più”.
Racconta la giornata tipo: “Lavoro tutti i giorni dalle 7.30 alle 16.30. Dalle 7.30 alle 10 è il turno delle colazioni, poi bisogna ritirare tutto e preparare la sala per la mattina successiva. Ci sono 55 coperti e mi piace sistemare tutto da sola!”. Proprio come il detto, chi fa da sé fa per tre. Continua: “Sì, proprio così! E’ un lavoro che mi piace molto e ho imparato subito. Ed è ben retribuito”. Un commento riguarda i rapporti umani: “Sono stata davvero fortunata, in questa struttura mi hanno accolta come una persona di casa. E lavorando in sala ho anche modo di esercitarmi un po’ con le lingue, ci sono tanti stranieri, sto imparando molto. Qui c’è anche la possibilità di fare una stagione lavorativa invernale, cosa che non si può fare in Sardegna”.
Meno positiva è stata l’esperienza di una ex dipendente che ha lavorato molti anni come cameriera ai piani: “Condizioni di lavoro disumane ma per volere dei lavoratori e non per colpa dei datori di lavoro. La maggior parte delle volte si mangiava fuori al sole, non avevamo un bagno né il tempo per bere acqua. Dovevamo usare le camere impegnate dai clienti. Questo perché molte colleghe non volevano fare l’ora di pausa. Altrimenti avremmo potuto andare in mensa, mangiare comodi e col tempo di andare in bagno. C’è troppa rivalità e questo ha portato ad aumentare il carico di lavoro. Era una gara a chi faceva prima e, se in passato venivano assegnate 20 stanze, ora se ne fanno 40 perché chi dirige vede che si è in grado di fare di più. Ma non c’è il tempo di respirare. Non avrebbero mai dovuto autorizzare una cosa del genere”.
Continua: “Ho avuto la fortuna anche di usufruire della mensa ed è totalmente diverso mangiare seduti a tavola con altri colleghi e colleghe, scambiare due parole, mangiare dei piatti caldi, usufruire dell’aria condizionata e poter andare in bagno. Psicologicamente lavori meglio perché hai più dignità”. E i datori di lavoro? Aggiunge: “Non li vedevamo nemmeno. Eravamo le ultime ruote del carro. Un gestore di un villaggio che tiene alla sua immagine non può far andare in giro le cameriere ai piani con divise logore che neanche Cenerentola in tempo di guerra, né permettere che mangino all’aperto, sotto il sole e sotto gli occhi degli ospiti! Per tutti dovrebbe sempre essere garantito un minimo di decoro e dignità”.
Sara L. Canu
(ilsarrabus.news)
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