SARDEGNA, Lavoro in crescita ma numeri ancora troppo lontani dal resto d’Italia
La data del 1 maggio celebra in tutto il mondo una delle conquiste più importanti dell’umanità, ovvero la possibilità di poter ottenere un lavoro giusto, tutelato e correttamente retribuito. Anche quest’anno la ricorrenza si porterà dietro le inevitabili e contrapposte visioni politiche e sindacali cui si sommeranno altrettanto scontate dichiarazioni delle parti datoriali e delle associazioni ed infine il solito contorno di analisi economiche e sociologiche.
Proviamo a fare alcune considerazioni generali, basandoci sui dati oggettivi disponibili, per poi riservare un commento alla situazione della nostra isola. Il Governo attuale, approssimandosi la Festa del lavoro, si prepara a celebrare alcuni significativi risultati riconducibili alla propria azione rivendicando un ruolo determinante nella crescita di parecchi indicatori. Lasciando fuori dalla trattazione ogni risvolto politico, in effetti, pur ancora lontani dalla piena occupazione, i dati nazionali sono incontrovertibili: per la prima volta negli ultimi 40 anni si è raggiunto un livello occupazionale mai registrato prima. Il 2024 è l’anno della svolta per il mercato del lavoro; lo scorso anno l’occupazione in Italia è aumentata a ritmi maggiori rispetto a quelli degli anni precedenti, e ciò nonostante il certificato rallentamento della crescita, portando una espansione dell’occupazione anche oltre il recupero dei livelli pre-COVID. L’ISTAT rileva un tasso di occupazione del 62,5% sulla popolazione tra i 15 e i 64 anni. Parallelamente nel 2024 si riduce il tasso di disoccupazione, che scende al 5,8%, valore che rappresenta oggettivamente il minimo storico dal 2005. Inoltre anche il dato relativo al tasso di inattività, pur sempre elevato rispetto ai 27 paesi UE, diminuisce al 33,6 (era il 36,5 nel 2020). Questi valori sono stati raggiunti dall’Italia nonostante le ben note difficoltà strutturali e congiunturali: un paese che ha visto progressivamente sparire l’industria pesante, cedere all’estero marchi storici, ridursi la forza lavoro attiva e aumentare il numero dei pensionati, combattendo con gli effetti post-Covid e con la crisi energetica causata dalla guerra ucraina. Il tutto con il pesante macigno del debito pubblico e degli interessi sul debito.
Non si tratta di valori percentuali di poco conto, considerando che sul mercato del lavoro italiano aleggiano da tempo fenomeni negativi derivati dal più ampio contesto sociale ma i cui effetti possono essere devastanti. Il principale è il fenomeno dei NEET (Not in Education, Employment, or Training) che nel 2023 nella popolazione tra i 15 ed i 24 anni per gli uomini era pari al 13% e per le donne al 12,3 per un totale di oltre 4,3 milioni di individui (Dati Eurostat, 2023)
Vedremo come sarà l’anno in corso, già pesantemente condizionato da previsioni di crescita modeste e dalle turbolenze dei mercati sui dazi annunciati dagli USA, e purtuttavia l’Italia pare avere sufficienti doti di resilienza. Infatti, ad aprile del corrente anno l’ISTAT registra un aumento su base nazionale di ben 47.000 occupati su gennaio e di ben 576.000 unità rispetto al febbraio 2024. Pertanto ad aprile 2025 il tasso di occupazione sale al 63%. Scende anche il tasso di disoccupazione, che per l’ISTAT è del 5,9% a febbraio (ma era del 6,2 a gennaio).
Analizziamo quindi la situazione sarda alla luce dei dati 2024. Per quanto riguarda il tasso di occupazione, l’Isola non regge benissimo il confronto con le altre regioni italiane, attestandosi al 57,3% a fronte di una media nazionale del 62,3 (fonte: ISTAT e Sviluppo Italia), e benchè la situazione delle regioni del Meridione sia anche peggiore (la Calabria è la regione con la condizione più preoccupante, al 44,6%) il divario con le regioni del nord è marcato (tutte oltre il 69%).
Il tasso di disoccupazione è purtroppo elevato: anche prendendo in considerazione una fascia di età più ampia (15-74 anni) è dell’8,4%, a fronte di una media nazionale del 6,7% (con punte assai preoccupanti dell’ordine del 24-25% tra Calabria, Sicilia e Campania). Il dato sui NEET vede la Sardegna attestarsi sulla media nazionale con il 15% di giovani tra i 15 ed i 25 anni che non lavorano e non studiano (nello stesso periodo la media nazionale è del 14,4% ma con punte di oltre il 25% in Sicilia). Suddividendo l’isola nelle macroaree storiche (SS-CA-NU-OR più un’area sud-Sardegna, per separare l’area metropolitana di Cagliari), si rileva quanto segue: si conferma un dato storico, ovvero che in Sardegna le città capoluogo fanno da attrattore, nel bene come nel male.
Questa in sintesi, la situazione del mercato del lavoro sardo sui dati definitivi del 2024. Come spiegare questi dati? Non è per nulla facile fornire risposte univoche, alla luce della particolare condizione socio-economica della nostra regione, caratterizzata innanzitutto dalla condizione di insularità, dalla mancanza di aziende medio-grandi, dall’invecchiamento marcato della popolazione e dalla costante fuga di giovani. Tenteremo prossimamente una analisi partendo dal contesto lavorativo regionale, e nello specifico analizzando le caratteristiche del marcato del lavoro isolano. Nel frattempo Buon 1 maggio a tutti i lavoratori e le lavoratrici. ANTONFRANCO TEMUSSI (ilsarrabus.news)