Cultura

Published on Dicembre 31st, 2022 | by Redazione

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STORIA. 1926, la travagliata costruzione dell’acquedotto comunale di Villaputzu

Già dai primi anni del 1900 Villaputzu meditava di costruire un acquedotto comunale che avrebbe portato la tanto attesa acqua potabile nel centro abitato. Si pensava di usufruire dell’acqua che proveniva dalle lontane sorgenti di “Sa Maista” e “Is Paulatzus”, in cui da secoli sgorgava l’acqua che si riversava in una foresta secolare incontaminata. L’acqua fu dichiarata potabile già dal 1912, in seguito ad un accurato studio chimico e batteriologico effettuato, grazie ad una visita in loco, dell’Illustre Professor Oddo Casagrande, Direttore dell’Istituto d’Igiene Sperimentale della Regia Università di Cagliari. Le pratiche per l’avvio della progettazione della rete idrica, ripresero forma dopo la fine della Grande Guerra. Il progettista dell’opera, l’Ingegnere Francesco Sanna Manunta di Cagliari, ideò di utilizzare per quelle condutture delle tubazioni di acciaio senza saldatura, tubazioni particolari per quell’epoca, che dovevano essere importate, e che prendevano il nome di tubi di tipo Mannesmann. Ma ripercorriamo in breve la storia di queste importanti acciaierie. Nella Germania di fine 800, i fratelli Max e Reinhard Mannesmann progettavano e brevettavano la produzione di tubi in acciaio senza saldatura. In pochi anni, la società costituita dai Mannesmann realizza stabilimenti non soltanto in Germania, ma anche in Gran Bretagna, in Francia e in Italia. Nel 1908, nell’ambito dei numerosi investimenti tedeschi in Italia, la società avvia nella località di Dalmine, alle porte di Bergamo, la costruzione di uno stabilimento destinato alla produzione di tubi di quel genere. In breve tempo quell’acciaieria divenne una delle fabbriche più moderne di tutta Italia. Dai documenti ritrovati si evidenziano numerose fatture di acquisto, in cui il Comune di Villaputzu comperò una gran quantità di tubazioni di acciaio di diverso diametro dalle gloriose acciaierie Dalmine. Per il trasporto si prevedevano numerosi viaggi, in cui le tubazioni venivano imbarcate nel Porto di Genova su dei grandi velieri e successivamente scaricati nella rada di Porto Corallo, dove delle imbarcazioni più piccole li attendevano per portare a riva sulla spiaggia il materiale. Numerosi di questi viaggi si effettuarono nei mesi invernali, per cui il mal tempo poteva ostacolare le operazioni di carico e scarico delle merci. In caso di maltempo, e di impossibilità di scarico a Porto Corallo le merci venivano scaricate nel Porto di Cagliari, ma con l’obbligo di ritirarle in breve tempo. Tra il Dicembre del 1925 e il Gennaio 1926 circa, avvenne un incidente navale a causa di un brutto temporale che colse il Veliero “Aiuto di Dio”, proveniente da Genova, in mare aperto mentre procedeva verso Porto Corallo. Il Capitano dell’imbarcazione Luigi Rum, Armatore e Capo dell’imbarcazione nominata “Aiuto di Dio” di bandiera italiana della portata di tonnellate 210, segnalò un’avaria alla barca a causa della tempesta. Si ruppero gli ormeggi, e i marinai per salvare la propria vita dovettero gettare in mare parte della tubazione che il veliero trasportava. L’equipaggio riuscì a portare l’imbarcazione nel più vicino porto, sbarcando a Trapani, in Sicilia. Nel Gennaio 1926, sbarcato a terra il Capitano Rum, come suo obbligo e dovere, inviò un telegramma al Direttore dei Lavori dell’acquedotto comunale Ingegner Enrico Pani, spiegando l’incidente e pretendendo che il Comune di Villaputzu erogasse nell’immediato del danaro per correre in aiuto dell’imbarcazione che altrimenti non sarebbe riuscita a ripartire in tempi brevi per la consegna della tubazione. Secondo l’Ingegnere, la pretesa del Capitano era ridicola perché secondo il contratto stipulato con le Dalmine il Comune aveva il diritto ad avere la merce resa a Porto Corallo. Quindi la ditta speditrice, la Società Anonima Gotelli & C di Genova, aveva a suo carico il nolo e la sicurtà della merce. Il danno verso il Comune era forse anche di più in quanto erano già state richieste due barche che avrebbero dovuto aspettare il carico del veliero e portare a terra i tubi, che occorreva ricompensare ugualmente. Sul veliero erano rimasti solo 177 tubi su 200 circa. L’Ingegnere, infine decise che, secondo il contratto stipulato, si poteva obbligare il Capitano del veliero a rendere tutta la merce a Porto Corallo. Il Sindaco di allora, Beniamino Frongia, fu tempestivamente informato dei fatti, concedendo al Capitano di portare direttamente a Cagliari la tubazione, e da li successivamente trasportata con altri mezzi a Villaputzu. Negli anni addietro la costruzione dell’opera proseguì con grande successo, venne inaugurato nell’Ottobre del 1930. FRANCESCA SANNA (ilsarrabus.news)

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