Sarrabus

Published on Agosto 14th, 2025 | by Redazione

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SARRABUS-GERREI, Una giornata lontano dal mare, tra colline, pietre e silenzi che parlano

Il mare? Lasciatelo agli altri. Oggi si parte all’assalto di un’altra Sardegna: quella che non ti fa l’occhiolino con il turchese, ma ti squadra da lontano, immobile, come a dire: “Se vuoi conoscermi, cammina”. È una terra che non si concede al primo sguardo e non ti regala nulla. Devi seguirne le strade strette, ascoltare i suoi silenzi e sopportare le sue curve, fino a quando deciderà di aprirti la porta. L’itinerario, in un giorno solo, mette in fila Villaputzu, Muravera, San Vito e il Gerrei. Un giro che somiglia a un romanzo: capitoli diversi, stessa trama di pietra e vento.
Villaputzu – La porta del Flumendosa. Lasciata la costa, Villaputzu mostra un volto che molti turisti ignorano. È il paese che vive con il ritmo lento del Flumendosa, il grande fiume sardo che qui si allarga in anse placide prima di abbracciare il mare. La collina che domina il vecchio ponte di ferro regala una vista che vale la salita: il fiume sotto, le campagne attorno, e quell’aria sospesa da cartolina anni ’50. Da qui, puntando verso l’interno, una deviazione conduce al Castello di Quirra, arroccato su uno sperone calcareo. Le sue rovine, battute dal vento, conservano un’aura di mistero: mura possenti che hanno visto passare giudici, cavalieri e leggende. Poco più in basso, quasi nascosta tra la vegetazione, la chiesetta romanica di San Nicola di Quirra accoglie i visitatori con la sua pietra chiara e la semplicità disarmante delle architetture medievali. È un luogo dove il tempo sembra essersi fermato e il silenzio è quasi sacro.
Muravera – Agrumeti e stagni silenziosi. Muravera è la capitale delle arance sarde, ma ridurla a questo sarebbe come dire che Roma è solo Colosseo. Basta uscire di poco dal centro per trovare un mosaico di campi, filari ordinati e vecchie case contadine. Qui la luce del mattino fa brillare le foglie degli agrumi come specchi. Lontano dalle rotte marine, il Complesso di Colostrai e Feraxi è un paradiso ornitologico: fenicotteri rosa, aironi bianchi, cavalieri d’Italia, tutti indifferenti all’occhio del visitatore, purché sappia muoversi piano. Il perimetro dello stagno offre scorci in cui il cielo sembra specchiarsi senza fine. In paese, una sosta alla chiesa di San Nicola di Bari racconta storie di devozioni secolari e feste popolari.
San Vito – Un paese che ha conservato l’anima. San Vito sorprende già al primo passo. Il suo centro storico, quasi un unicum nel Sarrabus, è ancora ben conservato: stradine lastricate, case in pietra con portali ad arco, cortili ombrosi che nascondono pergolati e forni antichi. Passeggiare qui è un viaggio indietro nel tempo, tra architetture che raccontano una comunità capace di custodire il proprio volto. Ma il fascino non si ferma al borgo: pochi chilometri fuori, il villaggio minerario di Monte Narba offre uno scenario sospeso tra storia e malinconia. Qui, tra i resti delle vecchie strutture estrattive e i ruderi delle abitazioni degli operai, sembra ancora di sentire l’eco dei picconi e il rumore dei macchinari. La natura, intanto, sta lentamente riprendendo possesso di tutto, incorniciando le rovine con erbe, fichi d’India e silenzi profondi.
Il Gerrei – Terra di pietre e memorie. Salendo verso il Gerrei, il paesaggio cambia tono. Le colline diventano più aspre, i boschi si alternano a distese pietrose. A Ballao, i resti delle antiche miniere di fluorite si ergono come monumenti a un’epoca in cui qui si scavava per vivere. Le strutture abbandonate, illuminate dal sole pomeridiano, hanno un fascino che mescola malinconia e orgoglio. Poi la strada punta verso Armungia, il “paese museo”: vicoli lastricati, case in pietra perfettamente conservate, e soprattutto il Museo Etnografico e la Casa di Emilio e Joyce Lussu, dove pare ancora di sentire il fruscio delle pagine scritte e l’eco dei dibattiti politici. È un borgo che non si limita a esporre reperti, ma racconta vite, mestieri e resistenze di un territorio intero.
Il ritorno. La giornata si chiude tornando verso Villaputzu. Il sole basso incendia le creste delle colline, i paesi si accendono di luci dorate e il vento porta odori di legna e cucina. È il momento in cui si capisce che, al di là del mare, questa Sardegna d’entroterra custodisce un segreto: la bellezza che non urla, ma resta impressa come una promessa. (ilsarrabus.news)

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