L’INTERVENTO. Un autista dei pullman di linea si racconta fra i pericoli della strada e utenti maleducati
Ho perso il conto dei chilometri e delle curve, degli insulti che mi hanno urlato mentre ero alla guida di quella “scatoletta” lunga dodici metri. Oltre a schivare gli idioti che chattano con lo smartphone e cercano contemporaneamente anche di guidare, ho tentato di dare informazioni agli utenti a bordo, ho risposto pazientemente alle richieste degli utenti a terra.
Ma come si fa a rispondere ad ogni richiesta quanto si sono già accumulati venti minuti di ritardo? Non posso interrompere un servizio pubblico per dare informazioni anche a tutti, altrimenti gli utenti a bordo perdono l’aereo e oltre al biglietto devo pagar loro anche l’albergo. E poi dovrebbero spiegarmi come mai chi stai tutto il giorno a smanettare con lo smartphone, non abbia l’acutezza di cercarle su Internet le informazioni. O no?
Capitolo biglietti a bordo: è troppo difficile mandare un semplice sms per pagare con il credito telefonico, oppure collegarsi al sito dell’azienda e acquistare il ticket con carta di credito? Hanno deciso di partire tutti all’ultimo minuto e non hanno fatto in tempo ad acquistarlo in rivendita (così dicono) e poi, non hanno credito sul cellulare.
L’autista cosa fa? Deve stare attento a fare i biglietti, a dare il resto altrimenti ci rimette di tasca. L’utente tipico? Per pagare tre euro e cinquanta di biglietto arriva con cinquanta Euro. Ok e vai con il primo, con il secondo e alla fine ti scappa un “ma arrivare con le monetine no?”.
Finalmente in viaggio: qualcuno si sveglia che non è stato avvisato che doveva scendere al paese precedente, come se l’autista gli dovesse fare da balia. Poi c’è un’altro che amoreggia alla fermata con la fidanzatina e quando vede con la coda dell’occhio l’autobus, molla la presa, lo rincorre e si sbraccia. Al che l’autista gli ricorda che la fermata è a richiesta e se non solleva il braccino per far capire che deve salire è molto probabile che la prossima volta rimanga a piedi.
Poi c’è quello che dice: “Scusi ma non doveva passare alle 22.08? L’autista lo guarda e gli chiede da dove viene e in che mese dell’anno sta vivendo la sua esperienza di vita. Il mio calendario segna agosto, sabato per giunta, giorni cruciali per l’esodo dei vacanzieri: “Tutta sta gente parte? Se siamo diretti all’aeroporto secondo te?”.
E ancora: “Scusi, guardi che il mio traghetto parte”. Ma prendere l’autobus precedente no?”. E mica mollava la spiaggia due ore prima…
Finalmente il tanto sospirato arrivo in stazione, l’autista apre i portelloni e arriva il genio, quello sveglio: “Scusi manca la mia valigia”. L’autista scende a verificare nel vano bagagli ne è rimasta solo una e gliela indica. “E’ la mia? – chiede il passeggero – tHa ragione, mi scusi non l’avevo riconosciuta”.
“E meno male che dovevo solo guidare”, sospira l’autista. Storia vera, di tutti i santi giorni o quasi.
Un autista
(ilsarrabus.news)
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