Published on Marzo 27th, 2020 | by Redazione
1LA LETTERA. Covid-19, un emigrato di Villaputzu a Torino: “Viviamo nella paura del contagio”
Gentile direttore, le descrivo in breve la nostra condizione, a Torino, a causa del Coronavirus. Siamo, come tutti in Italia e in altri paesi del mondo, segregati in casa e stiamo sperimentando l’effetto degli arresti domiciliari. Segregati in casa con la paura di mettere piede fuori dalla nostra abitazione.
Usciamo solo per andare in farmacia o al supermercato, dove si entra uno alla volta, con mascherina che copre bocca naso, stando in fila anche per più di un’ora, ben distanziati uno dall’altro. Le strade sono completamente deserte. Il silenzio è spettrale. Gli autobus viaggiano vuoti, al punto che la Gtt, cosa mai capitata in 140 anni, sta mettendo in cassa integrazione gli autisti dei mezzi pubblici.
Noi stiamo vivendo nella paura di un possibile contagio e cerchiamo anche di evitare di prendere l’ascensore quando usciamo per fare quel po’ di spesa o per andare giù in cantina. Non vediamo nessuno, non incontriamo nessuno.
Per esorcizzare questo senso opprimente di solitudine, aspettiamo, tutti giorni, con ansia, che arrivino le ore 18, quando, dal palazzo di fronte al nostro, anche se lontano forse più di 200 metri, si apre una finestra, dal balcone della quale sventola la bandiera italiana e si diffonde una musica ad alto volume che invade tutto il quartiere. Iniziando sempre con l’Inno di Mameli al quale seguono altre bellissime canzoni italiane.
In quel momento, come richiamati dal suono del flauto magico, si aprono le finestra di tutte le case. La gente, come impazzita, si affaccia, urla, canta, batte le mani e fa anche un sacco di fracasso battendo padelle, tegami o posate di legno. Poi, alle 19, finisce tutto e ognuno si rintana nel silenzio della sua abitazione.
Sembra una follia. Ma forse è un modo per sentirci vivi, perché poi, guardando la televisione, alla vista dei camion militari che trasportano centinaia di bare, che racchiudono le vittime del Coronavirus che elemosinano la sepoltura, ti viene solo la voglia di piangere.
Noi, come tutti gli anni, non vediamo l’ora che arrivi la primavera per scappare dallo smog di Torino per andare a trascorrere quei quattro mesi in riva al mare di Porto Corallo.
Approfittando di un’offerta Moby, abbiamo già fatto i biglietti per l’andata. Ma abbiamo forti dubbi che quest’anno ci sia concesso rivedere il mare. Anche perché, quando tutto questo marasma sarà finito, non sappiamo se noi ci saremo ancora. Inoltre, quando si dice che uno ha la fortuna del cane in chiesa: il 18 novembre scorso, giorno del mio 82esimo compleanno, ho, finalmente, superato quel blocco che mi ha tenuto fermo per qualche anno, finito di scrivere il mio nuovo libro che, a detta di persone a cui l’ho fatto leggere, non dovrebbe essere male.
Miracolo! Ho trovato un editore che si è innamorato dell’argomento e ha deciso di darmi la precedenza sulle pubblicazioni già programmate, assicurandomi che il libro sarebbe uscito a fine Febbraio. Firmato il contratto e pagato le spese per le varie incombenze, l’editore non si è fatto più sentire e non riesco in nessun modo a contattarlo. Che sia morto? Che fosse troppo bello per essere vero?
Sono qui e penso: “Chi arriverà prima, l’editore o il Coronavirus?” Agli eventuali posteri… Un abbraccio a lei e ai miei compaesani e a tutti i lettori de Il Sarrabus.News e La Voce del Sarrabus, distinti e fraterni saluti.
Albino Agus – Torino
(ilsarrabus.news)
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