ESTERI, In Afghanistan i talebani impongono la chiusura dei saloni di bellezza femminili
Le autorità del governo non riconosciuto dei talebani dell’Afghanistan hanno dato dieci giorni di tempo ai proprietari di tutti i saloni di bellezza femminili della città di Pul-e-Khumri, nella provincia di Baghlan (a nord della capitale Kabul) per chiudere le loro attività. Lo riferisce l’emittente afgana “Tolo News”, precisando che nella città sono attivi almeno 20 saloni di bellezza. Secondo quanto riferisce l’emittente afgana indipendente, i proprietari dei saloni hanno affermato che il dipartimento per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio ha intimato loro che le loro attività saranno chiuse a tempo indeterminato. L’annuncio giunge dopo che nei giorni scorsi, i talebani hanno ordinato la chiusura dei negozi nei mercati per sole donne nella città di Mazar-e Sharif, capoluogo della provincia di Balkh. La nuova restrizione giunge dopo che lo scorso dicembre i talebani hanno vietato alle donne afgane di lavorare per organizzazioni non governative (Ong) nazionali e internazionali. In risposta alle decisioni dei talebani, molte organizzazioni umanitarie hanno sospeso le loro attività in Afghanistan.
Da quando hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan nell’agosto del 2021, i talebani hanno costantemente represso i diritti delle donne. Alla maggior parte delle dipendenti governative donne è stato immediatamente vietato di venire a lavorare pochi mesi dopo il ritorno al potere del movimento estremista. A marzo 2022, una sentenza a sorpresa ha vietato alle ragazze di frequentare la scuola secondaria, seguita da una serie di regolamenti per il vestiario femminile tra cui l’obbligo del velo. Con un’altra ordinanza diramata lo scorso novembre i talebani hanno vietato alle donne l’ingresso nei parchi pubblici e nelle palestre. Il mese dopo i talebani hanno ordinato un divieto a tempo indeterminato per le donne di accedere all’istruzione universitaria, suscitando critiche non solo in Occidente, ma anche nei Paesi musulmani e una serie di proteste di giovani donne nei vari atenei a cui hanno partecipato anche gli studenti maschi.
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