Cultura

Published on Maggio 12th, 2018 | by Redazione

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LIBRI. “Solfuro di Dio” di Antonello Mura fra il dramma del lavoro che manca e la ricerca della fede

Nel sogno di un giovane studente si manifestano, cariche di suggestioni folkloristiche e ambientali, le sue osservazioni sul mondo in cui vive, le sue paure più inconsce, la sua visione delle cose alquanto disincantata. Come a voler consolidare dentro di sé il quadro immaginario delle proprie percezioni e della consapevolezza sulla realtà che lo circonda.

 

Questo lo scenario nel quale si svolge il romanzo, dal titolo “Solfuro di Dio”, edizioni Arduino Sacco Editore. Scritto in versione “farsa semiseria in forma di dramma” come lo inquadra l’autore, Antonello Mura, docente di musica alla Facoltà di Cagliari e artista poliedrico : pianista e compositore; autore, attore e regista teatrale e per la prima volta scrittore. Il musicista mette in scena, è il caso di dire, con altissima ironia tristemente realistica, le estremizzazioni di certa classe politica convinta di poter asservire, riducendo a sudditi quasi privi di riconoscimento sociale, un’intera nazione partendo da un esperimento in Sardegna.

Attraverso una serie di sotterfugi e inganni, promettendo alle povere donne ignare, oggetto della beffa, una vacanza da sogno e possibili occupazioni future in cambio di una semplice “indagine demoscopica”, dietro la quale invece si nasconde il losco progetto di ripristinare lo “jus primae noctis”. Sottolineando il grado di corruzione e malaffare in cui si trovano a sguazzare individui privi di scrupoli, dai rappresentanti delle più alte cariche istituzionali, ai governanti territoriali, ai vertici ecclesiastici, implicati in squallidi compromessi, dove l’unica cosa che conti davvero è ľ esaltazione del proprio io e ľ affermazione di una onnipotenza fuori da ogni logica umana e civile.

Fortemente trattato il tema del lavoro che non c’è nella descrizione di una fervente rivoluzione morale da parte di cittadini ormai stanchi di sopravvivere appena, ai diktat quasi impossibili da sostenere, imposti da un sistema sempre più servo di interessi superiori invulnerabili.

Intriso di dramma paradossale, nel racconto di una tragedia, vissuta in modo estremamente drastico da un disoccupato, il quale si ritrova in un tunnel senza via ď uscita, pagando un prezzo pazzesco per un’inezia. Vittima più che altro dei suoi stessi diritti calpestati e della sua umile onestà, ai quali non sa più attribuire nessun valore. Testimone del degrado interiore che alimenta lo status della persona “socialmente inutile”, incapace di provvedere a sé stessa e alla propria famiglia a causa della mancanza del lavoro.

Molto curioso e toccante il dialogo tra lo studente ed un sacerdote che evidenzia, forse autobiograficamente, ľincessante, a tratti spasmodica, ricerca di Dio, o più pragmaticamente della verità intorno al Dio dei credenti. Dialogo che lascia sospese le domande, ma al contempo invita ad una introspezione della coscienza, possibilmente scevra da risvolti filosofici o dogmatici, nel tentativo di scoprire, discernere il senso della vita e della morte, dell’esistenza umana con tutte le sue incomprensibili contraddizioni, nel loro significato più recondito.

Questo romanzo vuole altresì far riflettere sulla condizione di un popolo, quello sardo, figurato nel suo più autentico riflesso (seppur smorzato dalla costante sdrammatizzazione narrativa), che sfiduciato, si costringe a guardare ancora altrove, nell’illusione di riuscire a scappare da sé stesso per cambiare le proprie sorti. Senza rendersi conto forse, che molto spesso la propria identità culturale, può essere molto più potente e determinante degli imbrogli e dello sfruttamento che i detentori del potere non perdono occasione di attuare, anche a discapito di chi, nella necessità, sarebbe disposto a lasciare tutto e tutti per un futuro migliore.

Lorena Ghironi

(ilsarrabus.news)

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